Terapia di coppia

Se la coppia chiede aiuto è perché la crisi, pur se dolorosa o destabilizzante, contiene nel proprio meccanismo una speranza o una volontà di risoluzione positiva.

Muovendo da questo presupposto, tutt’altro che banale, il terapeuta si impegnerà a rendere l’atmosfera degli incontri distesa e fiduciosa, cercando di far emergere dai colloqui le istanze reali dei soggetti, quelle di cui forse neppure loro hanno piena coscienza.

Che cosa chiedono, i due, e che cosa credono di chiedere?

Vogliono ritrovare l’amore romantico dei primi anni? Vogliono superare uno sbandamento già vissuto come episodico, o marginale? Vogliono che il partner sia più maturo, più deciso o più accondiscendente? Vogliono un figlio o non ne vogliono? E la sessualità, e la tenerezza, e la delusione di fronte ad un’immagine corporea che si sta inesorabilmente modificando/deteriorando?

Spesso la coppia si è data delle regole, agli inizi, che ora si stanno rivelando impraticabili: perché i due sono cambiati, o perché uno solo ha intrapreso un cammino diverso. In questi casi, è facile che un intervento esterno chiarisca eventuali errori prospettici, rimettendo nel circuito del possibile le energie vitali della coppia.

E’ probabile che le sedute si svolgano secondo modalità alterne: prima incontri di coppia, poi qualche colloquio di tipo individuale, utile a mettere a fuoco aspetti determinanti, ad esempio la storia evolutiva e familiare di ciascuno, con i crediti e i debiti psicologici in sospeso. Naturalmente si terrà conto, soprattutto, degli elementi destinati a ricadere sulla fisionomia del rapporto e sui contenuti della crisi in atto. Infine si passerà ad ulteriori convocazioni della coppia, ormai abbastanza esperta di metodi e mete da perseguire.

Naturalmente l’obiettivo più arduo, nelle terapie di coppia, è portare i partner all’ammissione di una responsabilità reciproca. Sul piano puramente oggettivo, può essere che uno dei due sia più violento, anche solo verbalmente, o meno sensibile dell’altro; ma sul piano della cura, e soprattutto del mantenimento dello stato di equilibrio che può derivarne, è controproducente imputare ad uno solo le cause del dissenso in atto.

Un buon lavoro terapeutico porterà i due soggetti ad un confronto paritetico, all’ammissione di un concorso di colpa magari sbilanciato, ma innegabile sul piano degli effetti e delle responsabilità.

Occorre quindi ridare alla coppia il senso dell’affettività scambievole – la ragione ultima del loro “essere coppia”, pur nelle divergenze e nelle inevitabili disomogeneità, che possono rivelarsi anche produttive.

E se fosse necessaria la separazione?

Ammettiamo che ogni strategia conciliativa sia fallita; ammettiamo che il disagio relazionale abbia compromesso la ragione d’essere dell’intero nucleo (figli compresi); ed ammettiamo, ancor peggio, che il conflitto sia stato negato o frainteso – al punto tale che ne risulti compromessa ogni possibile forma di dialogo e persino di litigio. In tal caso compito del terapeuta sarà quello di orientare i due soggetti - non più la coppia (che ha cessato di esistere) - verso un equilibrio personale finalmente sano, che prescinda da ogni rivendicazione distruttiva.

Sarà utile che i due si interroghino sulle motivazioni della loro unione, ormai fallita: hanno forse creduto di compensare, l’uno mediante l’altro, traumi o incongruenze del passato – cercando amore senza impegnarsi ad offrirne in modo disinteressato?

Oppure hanno anticipato o annullato tempi e modi della crescita individuale, inseguendo ingenuamente il mito della coppia perfetta, della famiglia “modello” costruita all’insegna della bellezza e della felicità senza ombre?

Il terapeuta li condurrà alla ricerca di sé, e non è escluso che in qualche caso la decisione di separarsi venga procrastinata, o addirittura messa da parte.

La separazione è avvenuta. E adesso? Compiti della terapia familiare

La psicoterapia è necessaria qualora il cambiamento di stato produca sintomi non controllabili di ansia, angoscia, depressione insostenibile – in uno o più membri della famiglia ormai disgregata: a stare “così male” possono essere gli ex coniugi, oppure uno solo dei due, spesso i figli - già da tempo esposti a tensioni di vario genere.

Si possono verificare, infatti, momenti di conflittualità, di rabbia o di colpevolizzazione (di sé o dell’altro), che non permettono di tracciare serenamente il nuovo orizzonte esistenziale.

Pertanto, il compito della psicoterapia sarà quello di tradurre in risorsa e base di un felice modello interattivo la lezione del passato, favorendo un recupero emozionale fondato sulla nuova identità – proprio quella che sta riuscendo faticosamente ad emergere dalle  “rovine” del rapporto di coppia.