Infertilità nella coppia

Non è certo compito dello psicoterapeuta affrontare e cercare di risolvere i problemi fisiologici legati alla sterilità, definitiva o transitoria, di un componente della coppia, o della coppia stessa nella sua dinamica bio-psicologica: a questo penserà l’équipe medica di riferimento.

Tuttavia sarà molto utile che i due soggetti, così impegnati nella difficile ricerca di un figlio (un figlio che non viene, che sembra rifiutarli) siano sostenuti anche da un esperto di altro tipo, che li aiuti a leggere le loro motivazioni più profonde, orientandoli ad una maggiore consapevolezza.

Quali sono, infatti, le istanze personali che li spingono ad affrontare un cammino così impegnativo? Basti pensare alla sofferenza, anche fisica, indotta dalle cure per l’infertilità, nonché alle delusioni cui spesso si va incontro nel caso di una gravidanza assistita; per non parlare della ricaduta che una ricerca così totalizzante può avere sulla vita sociale e interpersonale della coppia stessa.

Da quale orizzonte di valori e dolori muove il desiderio della genitorialità? E da quale riflessione sul vissuto dovrà ripartire la relazione dei due (ex?) innamorati - perché la loro vita assuma di nuovo una fisionomia positiva, a prescindere dal successo o dall’insuccesso dell’impresa?

Lo psicoterapeuta è forse l’unico che possa guidarli verso tale obiettivo.

Accade anche, talvolta, che una ricerca troppo insistente della gravidanza ne comprometta le probabilità biologiche: turbe neuronali e ormonali possono rendere ancor più incerto il concepimento - al di là della coscienza stessa di chi ne è vittima -, in un percorso a spirale che sembra non avere vie di uscita.

E’ qui che si rivela indispensabile il sostegno psicoterapeutico, nei suoi effetti di complemento alle cure mediche e nella sua funzione di catalizzatore di energie magari sopite – che la coppia può ritrovare in se stessa, nel dialogo compromesso da finalità che sembrano più urgenti, ma che rischiano di snaturare l’amore, proprio per la loro esclusività.

Spesso, calmate le tempeste e le aspirazioni spasmodiche, il figlio riesce ad arrivare – o nella sua forma di figlio geneticamente tale, o come figlio adottivo (amato in quanto persona, non come realizzazione egoistica); ma non si esclude che anche la rinuncia al destino procreativo, purché consapevole e bene accetta, si trasformi in una nuova formula di condivisione, nell’appagato riconoscimento  di ciò che la coppia ha saputo costruire.